Il mese scorso abbiamo parlato di Rob Rhinehart, il ragazzo che mangia “polvere”. Si tratta di un esperimento messo a punto da un giovane ventiquattrenne programmatore di software di Atlanta, che ha creato un cocktail da bere, fatto di polveri a base di tutti i principi nutritivi di cui il corpo avrebbe bisogno. Costui ha chiamato la sua bevanda Soylent e sostiene di poter sostituire il cibo tradizionale con questo liquido contenente nelle giuste proporzioni carboidrati, grassi, proteine, vitamine e sali minerali.
Il nome Soylent è ispirato alle gallette di carne umana create per nutrire gli esseri umani nel film di fantascienza “2022: i sopravvissuti” (“Soylent Green”) del 1973.
L’idea di Rob Rhinehart nasce prima di tutto dall’esigenza pratica di non perdere più tempo e soldi per cucinare perché gli ingredienti del beverone sarebbero a basso costo e inoltre si avrebbe un grande risparmio di risorse ecologiche e alimentari. Il visionario inventore che avrebbe studiato a fondo da manuali di chimica e biologia prima di partorire la sua idea (rivoluzionaria?), va oltre e immagina che la sua bevanda potrebbe nutrire anche i Paesi poveri contribuendo a risolvere i problemi della fame nel mondo.
Finora non esistono studi sul Soylent se non l’esperienza del suo inventore che sul suo blog racconta dell’ esperienza “culinaria” di due mesi a base di questa bevanda da assumere 5 volte a settimana che avrebbe anche un sapore gustoso…
Non è possibile dunque stabilire se questo beverone può sostituire il cibo tradizionale prima di tutto perché non conosciamo gli effetti a lungo termine sulla salute di questo tipo di “alimentazione”.
Ma non è questo in realtà il punto fondamentale della questione…
Tentando di capire più profondamente le motivazioni della proposta “Soylent” da parte dell’estroso inventore, emerge l’idea del cibo come semplice nutrimento delle cellule. Al di là degli ingenui e in parte ammirevoli propositi salvamondo a sostegno dell’uso di questa bevanda, concepire il cibo come somma di polveri di carboidrati, lipidi e proteine nelle perfette proporzioni, è un qualcosa che anche la scienza più integralista, riduzionista e “materialista” dovrebbe guardare con sospetto.
Prima di tutto perché nutrirsi è un processo complesso che vede l’equilibrio tra il desiderio del cibo, l’intervento di strutture fisiologiche altamente specializzate e coordinate tra loro (organi dell’ apparato gastrointestinale), meccanismi di controllo ormonali e nervosi.
Gli organi di senso deputati alla vista, all’odore e al sapore hanno un ruolo fondamentale nel nutrimento. Noi mangiamo non solo perché dobbiamo sostenere il metabolismo anabolico e catabolico dell’organismo. Mangiamo perché, come tutti gli animali, desideriamo il cibo, ne apprezziamo il colore, l’odore, il sapore. Mangiamo perché sentiamo l’istinto della fame quindi cerchiamo il cibo e lo “sentiamo” masticandolo. E già masticandolo comincia la digestione. Quando mangiamo godiamo. Viviamo un piacere che dipende da una regolazione interna biologico-ormonale-nervosa. Il nostro organismo e quello degli altri animali si è evoluto con una serie di strutture corporee, organiche e fisiologiche per far sì che possiamo ricercare il cibo e nutrirci: “svilire”, svuotare di senso tutto questo “armamentario” che gli animali hanno messo su nel corso di milioni di anni di evoluzione riducendo il cibo a liquido beige e inodore che sostiene il metabolismo delle cellule è forse un approccio “antiscientifico” e molto povero. Anche se fosse dimostrato (e per ora non lo è) che il Soylent fornisce in maniera equilibrata tutti i nutrienti necessari per la biochimica delle cellule, uno scienziato dovrebbe guardare la questione in un’ottica più olistica puntando l’accento più sul benessere dell’intero organismo che sulla cura delle singole cellule…
Se poi vogliamo fare un discorso ancora più ampio che tiene in considerazione le altre discipline umane della conoscenza come la psicologia e le scienze umane, la questione diventa ancora più complessa. Il cibo è anche un’esperienza psichica, è una forma di gratificazione, è un nutrimento per l’ “anima”, è convivialità, è socializzazione. Il cibo è qualcosa di “spirituale”. Nelle culture antiche e in alcune religioni attuali come l’Induismo, il cibo viene offerto agli dei. In Giappone al cimitero si portano ciotole di riso cotto. Nel racconto evangelico Gesù spezza il pane e chiede ai suoi discepoli di farsi pane per gli altri …
In mancanza di evidenze scientifiche non possiamo far altro che riferirci ai significati biologici, psicologici, filosofici e spirituali del cibo, con la conseguenza di preferire il nutrimento “tradizionale”…
Foto Flickr
L'articolo Soylent, cibo senza piacere sembra essere il primo su Gazzetta Gastronomica.